Immaginate di indossare un paio di lenti a contatto che non solo migliorano la vostra vista, ma sovrappongono il digitale all’ambiente che vi circonda. Ruotando gli occhi verso sinistra potete vedere la temperatura, le previsioni meteorologiche e altre informazioni utili. Puntando lo sguardo a destra otterrete invece le condizioni del traffico e le alternative migliori al tragitto per recarvi al lavoro. Verso l’alto, a ore 12, si trova invece il calendario degli appuntamenti e una lista delle cose da fare.
Come si intuisce, il concetto alla base è lo stesso degli smartglasses, gli occhiali in realtà aumentata sui quali stanno lavorando i più importanti colossi del digitale e che promettono di essere la prossima grande novità del mondo tecnologico. Mojo Vision – la startup californiana che dal 2015 sta progettando le lenti a contatto smart – punta invece a saltare lo sviluppo di questi visori e portare la realtà aumentata direttamente sulla nostra retina.
Le componenti base per la produzione di questa fantascientifica tecnologia sono già tutte esistenti, compreso il display (70 mila pixel in un diametro di mezzo millimetro) che ne rappresenta l’elemento centrale. La luce emessa dallo schermo – talmente vicino agli occhi e così piccolo da essere impercettibile – viene inviata a una regione della retina chiamata fovea, che è il punto di massima acutezza visiva e contiene la maggior parte delle terminazioni nervose della retina (pur occupandone solo il 5% dello spazio).
Lavorando direttamente su quella piccola area, il display progettato da Mojo Vision riesce a trasmettere le immagini utilizzando pochissima luce e quindi riducendo al minimo l’energia consumata. Ma questa è solo una componente delle smart lens, che utilizzerà anche un microprocessore, un sensore d’immagine, un chip per le comunicazioni e una batteria miniaturizzata inserita all’interno della lente stessa.
Tutto questo potrebbe sembrare fantascienza. Ed effettivamente, per il momento, lo è: ci vorranno ancora almeno due o tre anni prima di vedere il prodotto sul mercato e i tempi potrebbero ovviamente allungarsi. Se non bastasse, i dubbi sulla fattibilità (e desiderabilità) di un dispositivo di questo tipo sono ancora molti: come garantire l’igiene? Saranno delle lenti confortevoli nonostante siano del tipo rigido? E visto che questi dispositivi quasi invisibili saranno in grado, in futuro, di registrare video, come la mettiamo con la privacy?
Incognite che non turbano Steven Sinclair, vicepresidente di Mojo che, parlando con Fast Company, spiega: «Siamo convinti che tutto ciò possa funzionare. È per questa ragione che siamo usciti allo scoperto, perché sappiamo che i pezzi del puzzle stanno andando al loro posto e che sta nascendo un prodotto che fa esattamente ciò che desideriamo che faccia».
Ad avere fiducia nelle potenzialità di questa startup è anche un esercito di investitori, tra cui Gradient Ventures di Google, StarX dell’università di Stanford e New Enterprise Association, che hanno garantito a Mojo Vision un capitale iniziale di 108 milioni di dollari. Per il momento, però, non è dato sapere a che punto siano i lavori: nessun esterno ha potuto ancora sperimentare la lente a contatto, ma soltanto provare una sua simulazione in realtà virtuale. La ragione ufficiale è che Mojo Vision solo a dicembre ha ricevuto una certificazione che consente ai dipendenti di sperimentare il dispositivo.
A breve si dovrebbe comunque capire in che fase si trovi la produzione effettiva di queste lenti smart e se davvero nel giro di un paio di anni verranno commercializzate le prime versioni, a cui Mojo sta lavorando anche grazie al supporto della Food and Drug Administration statunitense. L’obiettivo iniziale, infatti, è dare vita a un dispositivo medico che aiuti a vedere meglio chiunque abbia problemi alla vista. Le lenti di Mojo Vision potrebbero così essere impiegate per individuare il testo scritto su un cartello stradale e riprodurlo digitalmente, per ingrandire gli oggetti inquadrati o per aiutare le persone a riconoscerli aumentando il contrasto tra le ombre e i colori.
Prima di fornire una vista in realtà aumentata a tutti, Mojo Vision punta quindi a migliorare digitalmente quella di chi soffre di disturbi oculari. Ma questo è solo il primo passo: nei progetti dei fondatori Drew Perkins e Michael Deering ci sono anche dei dispositivi studiati per chi svolge determinate professioni (per esempio, i pompieri potrebbero visualizzare davanti agli occhi una mappa dell’incendio, della posizione dei colleghi e tutte le informazioni urgenti).
Gli stessi principi saranno in seguito applicati per creare dispositivi destinati a tutti i consumatori. Integrando la tecnologia nel corpo umano e fondendo la realtà fisica con il mondo digitale sarà possibile vedere chi sta citofonando in casa o visualizzare delle frecce che ci indichino dove recarci esattamente all’interno di un aeroporto. Una supervista digitale che ci renderà un po’ più simili a dei cyborg.